La rivista Nature sta pubblicando la raccolta “Nature Outlook on circular economy”, finanziata da Google, che raccoglie opinioni, interviste, studi sull’economia circolare. Ormai è chiaro che l’economia lineare è insostenibile per il clima, la natura e la salute umana. La grande novità dell’economia circolare sta nell’eliminare quanto più possibile il rifiuto, sfruttando la circolarità dei prodotti e dei materiali. Il rifiuto è in sé stesso una risorsa.
Eppure l’economia circolare stenta a decollare. Tra il 2018 e il 2020 il tasso di circolarità è sceso, a livello globale, dal 9,1% all’8,6% (Fonte CEN, Circular Economy Network). Negli ultimi cinque anni i consumi sono cresciuti di oltre l’8%, superando i 100 miliardi di t/anno di materia prima utilizzata, a fronte di un incremento del riutilizzo di appena il 3% (da 8,4 a 8,65 miliardi di tonnellate).
L’Italia è uno dei Paesi che “tiene”: è al primo posto, tra le cinque economie europee, per gli indicatori più importanti di circolarità, assieme alla Francia. Un ruolo importante per lo sviluppo dell’economia circolare spetta alle piccole e medie imprese.
La circolarità richiede un ripensamento completo della nostra percezione delle risorse e del modo in cui su di esse costruiamo le nostre attività economiche. È necessario incentivare la produzione di articoli che possono essere riutilizzati, in modo che le risorse mantengano il loro valore attraverso più di un ciclo di utilizzo.
Imporre questa standardizzazione non deve però reprimere l’innovazione. Ad esempio, le batterie dei veicoli elettrici non intercambiabili potrebbero generare un problema nella fase di smontaggio e riutilizzo. L’iniziativa Battery Passport, promossa dal World Economic Forum, mira a stabilire un modello circolare per l’uso delle batterie entro il 2030.
C’è ancora molto da fare. Il movimento è iniziato: adesso è necessaria un’accelerazione.
Alessandro Gobbi
Redattore Capo di ICP – Rivista dell’industria Chimica